pag.351 – Traduzione e prefazione di Natalia Ginzburg – Einaudi 1986 – ISBN 8806593889

Il titolo originale è forse più adatto, più “bello” (?) Le pierres crieront.

Leggendo i Sommersi e i Salvati di Primo Levi ho trovato  questa frase:

Non ho tendenza a perdonare, non ho mai perdonato nessuno dei loro nemici di allora, né mi sento di perdonare i loro imitatori in Algeria, in Vietnam, in Unione Sovietica, in Cile, in Argentina, in Cambogia, in Sud-Africa, perché non conosco atti umani che possano cancellare una colpa; chiedo giustizia,, ma non sono capace, personalmente, di fare a pugni né di rendere il colpo.

e riflettendo sul fatto che non sia bastato un Olocausto per impedire che se ne siano compiuti altri anche recentemente, mi interrogavo sulla mia ignoranza su molti di questi accadimenti, a dir la verità con una sorta di pigrizia/senso di colpa.

Durante un giro al mercato della mia città, ho gettato un’ occhiata alla bancarella dei libri usati come sono solita fare e ho trovato questo. Era lì  come se mi stesse aspettando. Il titolo non tragga in inganno, il fatto che contenga la parola “racconto” accanto a “bambina” aumenta l’orrore per il fatto che sono accostate al periodo storico 1975/80 e al paese la cui popolazione venne distrutta da Pol Pot, la Cambogia.

Niente descrizioni letterarie, niente commenti. Solo il ricordo di una bambina a contatto con il vero orrore, la fame e la schiavitù di ogni giorno in una nazione che venne trasformata in un enorme campo di concentramento recintato dai suoi stessi confini. Il racconto è stato redatto dalla stessa Peuw (oggi Molyda Szymusiak) con l’aiuto dei genitori adottivi francesi quando lasciò la Cambogia nel 1980.

La traduzione, secondo me molto bella, ha conservato la semplicità del racconto di una bambina ed è di Natalia Ginzburg. Nella prefazione si legge:

Ho amato e tradotto Il racconto di Peuw, bambina cambogiana, senza sapere niente sulla Cambogia e chiedendomi perché, nel corso della mia vita, non avevo mai pensato alla Cambogia né avevo letto mai niente che si riferisse a questa terra. In verità le terre a cui non ho mai pensato sono innumerevoli, ma riguardo alla Cambogia ho provato, nell’accorgermi di non saperne assolutamente nulla, un senso di colpa e un senso di dispiacere.

Tuttavia, interrogando persone intorno a me, ho constatato che non molti erano quelli che che conoscevano le vicende della Cambogia, in Italia. […] Le persone che ho interrogato sulla Cambogia e che ne conoscevano la storia a fondo, sono tre: Tiziano Terzani, Gianni Sofri, Massimo Loche. Desidero esprimere loro la mia gratitudine.

Esprimo la mia gratitudine alla Ginzburg per la traduzione e soprattutto a Peuw per aver dovuto rivivere tutto per poter scrivere questo racconto. Ho scoperto dal suo profilo Facebook, che Peuw vive ora in Italia.